Senza movimento non si esprime la vita.
Il padre fondatore dell’Osteopatia, Andrew Taylor Still, già nella seconda metà del XIX secolo sosteneva che “la vita è movimento, il movimento è vita”.
Con queste poche parole Still ha voluto sintetizzare tutti gli studi che per molti anni aveva compiuto, e che lo avevano condotto a ritenere che la valutazione del movimento fosse fondamentale per conoscere la qualità della vita.
Still aveva una enorme sete di sapere, voleva conoscere sempre più nel dettaglio come funzionasse quell’organismo straordinario che è il corpo umano. Egli stesso parlava di un Grande Architetto pensando a chi avesse potuto creare un essere vivente così sofisticato. Non ha mai smesso di studiare il corpo umano, di approfondire sempre più le sue ricerche per scoprire quanti più dettagli possibile che gli potessero far conoscere sempre meglio l’essere umano.
In seguito a traumi, vizi posturali, malattie, o semplicemente per l’incedere del tempo, il nostro copro subisce delle variazioni della possibilità di movimento. Questo può avvenire a livello globale, manifestando una maggiore difficoltà a muoverci nello spazio che ci circonda. Oppure a livello più specifico, mostrando una perdita o alterazione del movimento di una struttura del nostro corpo.
In realtà, approfondendo questa tematica, si intuisce che la variazione del nostro stato di salute globale è determinato da una variazione della funzione di una o più componenti del nostro corpo. E a una funzione alterata, in particolare, sottende una difficoltà di movimento di quella struttura.
A questo punto è importante sottolineare che quando parlo di un’alterazione del movimento mi riferisco sia alla sua quantità sia alla sua qualità. Infatti, è molto importante indagare sulla presenza di restrizioni di movimento (cioè diminuzioni non fisiologiche). Ma è altresì fondamentale valutare la qualità dell’eventuale movimento residuo e dei tessuti delle strutture coinvolte. Questa seconda componente non può essere in alcun modo trascurata, perché ci offre indicazioni molto importanti sullo stato di salute di quella struttura e sulle possibili correlazioni disfunzionali.
Movimento: mobilità e motilità.
Proprio per il principio dell’unità della persona, questo approccio si applica a tutte le strutture del nostro corpo, non solamente alle articolazioni come l’anca, la spalla o quelle intervertebrali. Più in generale, questo approccio si rivolge a tutte le strutture di tutti livelli, al loro rapporto di movimento, di scivolamento, come un organo rispetto al proprio rivestimento, o un tronco nervoso nei confronti delle strutture contigue. Stiamo parlando della MOBILITÀ di una struttura.
Infatti, qualunque componente del nostro corpo deve potersi muovere rispetto a ciò che la circonda per poter svolgere la propria funzione. Altrimenti il rischio concreto è una diminuzione, se non l’interruzione, della propria capacità funzionale.
Inoltre, questo concetto è applicabile allo stesso modo anche alla singola struttura, cioè alla sua capacità vitale, all’espressione di movimento intrinseco. Questo è l’indice della salute della struttura stessa, come l’attività di base di un muscolo o di un organo. Stiamo parlando della MOTILITÀ di una struttura.
Questa modalità di guardare la persona che abbiamo davanti ci permette di compiere un viaggio a ritroso alla ricerca delle cause principali che hanno scatenato via via tutte quelle disfunzioni che alla fine generano determinati sintomi. Solo così l’Osteopata ha la possibilità di affrontare con più efficacia le problematiche che il paziente gli espone, affrontandole con una visione olistica e causale, quindi assolutamente non in maniera allopatica.
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Risulta quindi evidente la stretta correlazione tra la vitalità e il movimento della persona.