Dopo aver subito un trauma, magari anche di importante entità, cosa devo fare? Di cosa ho bisogno?

Un modo tanto semplice quanto utile per farci un’idea è chiedere a chi ci è già passato.

Per questo ho chiesto ad Antonella di raccontare la sua esperienza. Tutto è iniziato con una frattura bimalleolare scomposta pluriframmentaria.

Non ci interessano tutti i minimi particolari di questo trauma, quanto piuttosto provare a immedesimarci in lei e immaginare quali necessità si possano avvertire in situazioni critiche come questa.

Quando si subisce un trauma o si è vittime di un incidente è vitale la tempestività dell’intervento.

Subito dopo l’incidente che mi ha causato le fratture, il dolore e la condizione di dipendenza in cui mi sono trovata in pochi secondi mi hanno fatto perdere lucidità nel rapportarmi alla realtà. Che cosa mi ha salvato? L’arrivo di due escursionisti che senza esitazione sono intervenuti e hanno sostenuto emotivamente me, mio marito e mia figlia. Hanno chiamato i soccorsi, descrivendo propriamente la mia situazione. In pochi minuti è arrivato l’elicottero dell’Elisoccorso e la mia gamba è stata messa in sicurezza dai soccorritori, fantastici per professionalità e umanità.

All’arrivo in Pronto Soccorso è fondamentale un’anamnesi tempestiva e l’effettuazione degli esami diagnostici.

L’incidente mi è occorso in montagna e sono stata trasportata all’ospedale della valle più vicina. In meno di un’ora avevo la diagnosi del tipo di frattura. Per curarla sarebbe stato necessario un intervento entro le 24 ore per scongiurare i rischi di embolia e infezioni. Nell’ospedale non si eseguivano interventi quel giorno, l’ortopedico di turno si è prodigato per trovarmi un ospedale raggiungibile in poco tempo e organizzarmi il trasferimento in ambulanza.

Chirurgia della caviglia

Chirurgia della caviglia

 

Informare sulla tipologia di intervento, sul decorso e se possibile sulle possibilità di recupero.

Arrivata all’ospedale dove mi avrebbero operata, ho trovato ad aspettarmi (mi aspettavano nel vero senso della parola) un’equipe che mi ha informato sul tipo di intervento che avevano pensato di effettuare e ha risposto senza esitazione a tutte le mie domande. L’anestesista ha valutato con me l’anestesia più adatta alla mia situazione, prospettandomi vantaggi e svantaggi e rassicurandomi dopo la scelta dell’anestesia spinale.

In dimissione, dopo un forte trauma, il paziente deve ricevere riferimenti e chiare informazioni in merito alla riabilitazione.

Essendo stata operata in un ospedale in un’altra regione, non mi è stato possibile iniziare il percorso riabilitativo in realtà vicine al luogo dell’intervento e nemmeno continuare a essere seguita dall’equipe che mi aveva operata. Ecco, in questa parte della mia storia, ho avuto qualche difficoltà. Fino a che ero in ospedale, mi sentivo protetta e seguita. In dimissione mi sono trovata sola con il compito di cercare un ortopedico di riferimento nella mia città.

Necessità di una rete che collega gli ospedali delle regioni e dimettere il paziente con chiari riferimenti e se possibile già un piano di massima per il recupero.

Potete immaginare lo sconforto e il panico quando il 31 agosto mi sono trovata a Milano senza nessun ortopedico di riferimento e con una gamba dolorante?
Io sono stata fortunata. Un’amica mi ha indicato un ortopedico che ha accettato di seguirmi. Successivamente, l’intervento di una fisiatra che avevo conosciuto in precedenza mi ha condotta fino al Dott. Cattaneo. Sono riuscita in breve tempo ad avere un quadro più chiaro della mia situazione.

In questa era supertecnologica è utopistico pensare a un network che collega i reparti di tutti gli ospedali su territorio nazionale?

 

Lavoro d'equipe

Lavoro d’equipe

 

L’ortopedico, il fisiatra e il fisioterapista dovrebbero lavorare in equipe.

In quei mesi, facendo da “intermediario”, sono riuscita a mettere in relazione gli specialisti che mi stavano seguendo e ciò è stato possibile grazie alla loro competenza e disponibilità.

Anche il pensiero che ci possa essere un’equipe che segue il paziente è un pensiero utopistico?

Mi piacerebbe pensare di no…

Nutro la speranza che queste utopie un giorno si possano realizzare. E che tutti i pazienti possano trovare nel loro percorso specialisti come quelli che ho trovato io: persone che hanno sempre sollevato lo sguardo dalla mia gamba e hanno sempre preso in considerazione la mia persona nella sua totalità, dalla testa ai piedi!